Vincenzo stringeva una birra gelata, seduto sulla poltrona del soggiorno. La tv trasmetteva “giochi al potere” un nuovo reality, un format svedese adattato al contesto moralmente abbietto dell’Italia.
“Non posso crederci. Ci sono cascati anche loro. Anche loro credono che sappia scrivere” disse al vuoto del soggiorno.
Bevve un sorso.
“Merda!”, prese il telecomando da sotto il sedere è aumentò il volume.
“Molti credono che per pubblicare bisogna avere delle conoscenze. La classica raccomandazione che sovrasta sovrana la nostra società a qualsiasi livello. Tutte stronzate, se mi si consente il termine. Chi riesce ad ottenere un contratto con una, diciamo, grande casa editrice, ha lavorato sodo e duramente per anni per vedere riconosciuto il suo valore”.
“Quindi, lei, sostiene che non esistano raccomandazioni in senso assoluto?”
“Certamente. È ovvio che in alcuni casi, diciamo, relativi può esserci uno scambio di… cortesia? Favori? È ciò è riprovevole. Ma far diventare questo malcostume una legge universale, bè la trovo, onestamente una idiozia. Purtroppo in questo paese, la consuetudine diventa legge non scritta. Di conseguenza anche le abitudini mentali.”
Vincent piegò le labbra verso l’alto. Bevve un altro sorso. “Divertente!”
“L’ultimo mio libro chiude il cerchio. In origine la storia doveva uscire in un unico volume, ma…”
“Il vile denaro ha avuto la meglio…” disse Vincenzo.
Spense la tv e scagliò il telecomando sul pavimento. “Maledetta scatola magica. Una casa per tossicodipendenti. Un posto sicuro dove spacciare le proprie idee virali”.
Solo internet poteva funzionare come antidoto. Purtroppo i virus della menzogna stavano contagiando la rete. Ed erano più forti perché avevano relazioni con il potere.
Bevve un altro sorso di birra. Si portò le mani ai lunghi capelli. Posò la birra sul pavimento e con le mani si strinse le tempie.
Una lettera di metallo luccicante. Piccoli spruzzi di sangue marcio alla base della lettera. Una città. Piccoli palazzi. Stormi di corvi. La torre. La prigione nera del suo cuore. Poi tutto diventa ingombrante. La torre slabbra le sue fondamenta. La punta si piega e si contorce piegandosi verso la sinistra del paesaggio. I palazzi divorano lo spazio. Le mura. Le terrazze. I portoni. Uno sciame di ragazzini dalle labbra tese in sorrisi alla joker prorompono come un fiume in piena. Hanno tatuata sulla fronte la lettera. Sangue e metallo. E lui, Vincenzo, si trova al centro, circondato. I corvi scendono in picchiata e le loro teste si trasfigurano. Hanno il suo viso. Il viso dello scrittore della lettera. Sangue rosso cola dalle sue mani. Vincenzo abbassa lo sguardo. Non ha più le mani. Le risa dei corvi invadono la sua mente.
Si alzò dalla poltrona, scattando ad un ordine interiore. Solo io so. Solo io sono consapevole di cosa causano le sue menzogne. Solo io conosco il marcio e l’orrore. Solo io lo porto in fondo al cuore.
Si diresse verso la parete alla sua destra. Una serie di fotografie, appese con del nastro isolante, decoravano il muro. Lo scrittore dell’incubo che riceveva premi e riconoscimenti. Lo scrittore dell’incubo in primo piano, sorridente e soddisfatto. Lo scrittore dell’incubo con in mano il suo romanzo.
Vincent staccò una freccetta da tirassegno dal muro. Fece qualche passo indietro, prese la mira e lanciò. La freccia colpì il bersaglio. La mano sinistra dello scrittore dell’incubo.
“Colpito! Ti rimane poco, da scrivere. È ora del collegamento”.